domenica, dicembre 13

Live from Foppolo, Atto III

Con un po' di ritardo pubblico questo aggiornamento mandatomi da Robbie settimana scorsa, il nostro uomo ha aperto a sua volta un blog, aggiornato quasi quotidianamente. Per chi fosse interessato il link è QUI. Io lo consiglio caldamente, perchè, va ricordato, la catapulta del sud è arrapante anche quando scrive.

Ieri finalmente ha smesso di piovere/nevicare/grandinare. Così, quando alle 7 la sveglia è suonata, ho fatto una rapida colazione e mi sono capottato per le strade di Plužine. Strade che mi piacerebbe poter dire deserte ma che in realtà, la mattina, sono animate dai bambini diretti a scuola, che guarda caso è proprio dietro il mio lussuoso loft. Ho quindi schivato gli sguardi divertiti dalla bambinanza locale (andare in giro in fuseaux e maglietta aderente nera da uomo ragno a Plužine alle 7.30 di mattina necessita grande autostima), mi sono inerpicato sulla strada che porta al super Albona ed ho iniziato il solito giro, sulla riva del lago.

Ad attendermi una strada trasformata in un campo di addestramento dei marines, con fango alto 4 pollici (10,16 cm), che ha reso, dopo qualche metro, le scarpe pesanti come gli anfibi in dotazione al corpo degli alpini. Dopo un patetico tentativo di proseguire al grido de “il cucchiaio non esiste”, scivolando e affondando nella fanghiglia, ho girato i tacchi, direzione casa (il fango esiste, confermo).

E qui l’errore: visto un sentiero, l’ho imboccato gioioso, infilandomi nel bosco.

Al termine della corsa: mi sono perso innumerevoli volte, ho corso dentro un ruscello e in una specie di permafrost acquoso, mi sono graffiato braccia e gambe con un arbusto insidiosissimo che credo si chiami Spinosus Maledictus e ho saltato una recinzione di filo spinato stile Olio Cuore (no, non ho fatto lo splendido passandola all’ostacolista. Il filo spinato non viene giù se lo prendi con la seconda gamba). Tutto questo violando 4 proprietà private, con latrati di cani in sottofondo. Alla fine, uscito dalla foresta, ho salutato, con estrema nonchalance, un paio di autoctoni un po’ interdetti e me ne sono tornato un po’ pesto ma gaio alla mia kuča.

Ho imparato una cosa: quando temi che le tue chiappe possano essere scambiate per pappa per cani, la paura di spaccarti una caviglia correndo a rottadicollo in discesa passa decisamente in secondo piano.

3 commenti:

Arnaldo ha detto...

Quanta saggezza nelle tue parole!

Anonimo ha detto...

PARLIAMO DI COSE SERIE:

Sapete che per allenarsi e gareggiare a Saronno, gli atleti sono obbligati a comprare i chiodi venduti direttamente dal custode della pista?

Sapete che, anche se indossate delle chiodate che montano chiodi della lunghezza regolare non potete usarli?

Sapete che per essere sicuri che siano i loro sono colorati di rosso?

Sapete che li vendono a 5€ senza confezione (li mettono dentro a bustine per medaglie) e senza rilasciare lo scontrino?

Sapete che se avete comprato delle chiodate con chiodi fissi non le potete usare?



…ma loro possono farlo perché o vai da loro o stai al freddo…

Il prossimo anno dovremo comprare da loro pure le scarpe o i pantaloncini per allenarci al caldo?

Se volete gareggiare da loro preparatevi per tempo o state a casa ad allenarvi!!!

Buona atletica

Mattia.

Anonimo ha detto...

Bella Robbacchio!
Sono in laboratorio da circa 10 ore ad aspettare la fine di un esperimento e mi son fatta quattro grasse risate immaginandoti in tutina aderente a scappare dai cani, hahahahaha! Grande, mi hai risollevato il morale! A presto, fede