mercoledì, dicembre 16

Polemizziamo.....

Ogni tanto ci vuole ma con moderazione ed aggiunge un pò di pepe alla vita...Il caso riguarda l'utilizzo dell'impianto indoor di Saronno (VA). Cari amici, vi posto direttamente un commento del nostro amico Nuarozzi. Personalmente mi sento di condividerlo in pieno ma come sempre se qualcuno avesse opinioni differenti saremo ben lieti di sentire di ascoltare tutte le "campane"!

E adesso scannatevi!!!! :)

Lo
"PARLIAMO DI COSE SERIE:

Sapete che per allenarsi e gareggiare a Saronno, gli atleti sono obbligati a comprare i chiodi venduti direttamente dal custode della pista?
Sapete che, anche se indossate delle chiodate che montano chiodi della lunghezza regolare non potete usarli?
Sapete che per essere sicuri che siano i loro sono colorati di rosso?
Sapete che li vendono a 5€ senza confezione (li mettono dentro a bustine per medaglie) e senza rilasciare lo scontrino?
Sapete che se avete comprato delle chiodate con chiodi fissi non le potete usare?
…ma loro possono farlo perché o vai da loro o stai al freddo…
Il prossimo anno dovremo comprare da loro pure le scarpe o i pantaloncini per allenarci al caldo?Se volete gareggiare da loro preparatevi per tempo o state a casa ad allenarvi!!!
Buona atletica
Mattia. "
PS: mi permetto di aggiungere che se è condivisibile imporre un certo tipo o una certa lunghezza di chiodi per rovinare meno la pista, trovo assai discutibile imporne l'acquisto in esclusiva nell'impianto....

domenica, dicembre 13

Live from Foppolo, Atto III

Con un po' di ritardo pubblico questo aggiornamento mandatomi da Robbie settimana scorsa, il nostro uomo ha aperto a sua volta un blog, aggiornato quasi quotidianamente. Per chi fosse interessato il link è QUI. Io lo consiglio caldamente, perchè, va ricordato, la catapulta del sud è arrapante anche quando scrive.

Ieri finalmente ha smesso di piovere/nevicare/grandinare. Così, quando alle 7 la sveglia è suonata, ho fatto una rapida colazione e mi sono capottato per le strade di Plužine. Strade che mi piacerebbe poter dire deserte ma che in realtà, la mattina, sono animate dai bambini diretti a scuola, che guarda caso è proprio dietro il mio lussuoso loft. Ho quindi schivato gli sguardi divertiti dalla bambinanza locale (andare in giro in fuseaux e maglietta aderente nera da uomo ragno a Plužine alle 7.30 di mattina necessita grande autostima), mi sono inerpicato sulla strada che porta al super Albona ed ho iniziato il solito giro, sulla riva del lago.

Ad attendermi una strada trasformata in un campo di addestramento dei marines, con fango alto 4 pollici (10,16 cm), che ha reso, dopo qualche metro, le scarpe pesanti come gli anfibi in dotazione al corpo degli alpini. Dopo un patetico tentativo di proseguire al grido de “il cucchiaio non esiste”, scivolando e affondando nella fanghiglia, ho girato i tacchi, direzione casa (il fango esiste, confermo).

E qui l’errore: visto un sentiero, l’ho imboccato gioioso, infilandomi nel bosco.

Al termine della corsa: mi sono perso innumerevoli volte, ho corso dentro un ruscello e in una specie di permafrost acquoso, mi sono graffiato braccia e gambe con un arbusto insidiosissimo che credo si chiami Spinosus Maledictus e ho saltato una recinzione di filo spinato stile Olio Cuore (no, non ho fatto lo splendido passandola all’ostacolista. Il filo spinato non viene giù se lo prendi con la seconda gamba). Tutto questo violando 4 proprietà private, con latrati di cani in sottofondo. Alla fine, uscito dalla foresta, ho salutato, con estrema nonchalance, un paio di autoctoni un po’ interdetti e me ne sono tornato un po’ pesto ma gaio alla mia kuča.

Ho imparato una cosa: quando temi che le tue chiappe possano essere scambiate per pappa per cani, la paura di spaccarti una caviglia correndo a rottadicollo in discesa passa decisamente in secondo piano.

mercoledì, novembre 25

LIve from Foppolo, Atto II

Ho appena perso tre partite di fila a dadi contro Miles. Ieri è andata meglio, 2 a 2. Il gioco è Wimpout, una scossa di adrenalina, qui a Plužine. Però ti fa passare la serata, e questo basta. Oggi parlavo con Brano, il ragazzo che lavora con noi, che vive a Nikšič, città il cui merito è unicamente quello d’essere la sede della Nikšičko, una birra non male, dico, Nikšič, non New York, ma manco Casalpusterlengo, per dire, non c’è il cinema a Nikšič, anche se fa ben 20.000 cristiani (ortodossi), e, Brano, si chiedeva come facessimo a vivere a Plužine. E che ne so Brano. Come si fa.. ci si ammazza di libri, film sul pc (in TV è però possibile gustare meravigliose telenovele argentine in lingua originale), si gioca a dadi e nel we ci si lancia in esplorazione dell’habitat.

Ma ciò di cui volevo parlare è l’ospitalità montenegrina. Per lavoro siamo spesso in giro, per verificare l’andamento delle varie attività, lo stato di ubriacatura degli sfalciatori che puliscono i sentieri per il trekking, per constatare che, data l’umidità e la freddazza, l’intonacatura del centro multifunzionale non si asciugherà prima del 2014. Insomma, con la nostra fida Lada 4x4 ce la giracchiamo. Ieri ci siamo fermati nei pressi della casa di un autoctono, per consegnare una tanica di benzina per la motosega e una stecca di Drina (mitiche sigarette balcaniche). Il padrone di casa s’è impuntato e c’ha invitato a prendere una kafa. La moglie, sorridente ha intavolato, prima che ce ne rendessimo conto, piatti di salame, prosciutto e formaggio, tutto rigorosamente fatto in casa. La rakjia (una specie di grappa buona anche come combustibile) poi, non si è potuta proprio rifiutare, senza incappare in alte e incomprensibili grida di protesta, che hanno avuto termine solo con l’accettazione rassegnata e sorridente del brucia budella. E che siano le 3 di pomeriggio e che tu abbia appena pranzato non è una cosa facile da spiegare ma anche se lo fosse non gliene fregherebbe un granché. Così si attacca il formaggio, tra l’altro buonissimo, in cui capita di trovare qualche pelo, non sai se sperare umano o animale, il prosciutto, il pane fatto in casa. E quando sembra che siano soddisfatti e poggi la forchetta eccoli portare la torta. Mitici!

giovedì, novembre 19

Live from Foppolo, Atto I

Dopo una settimana nella terra dell’amaro più famoso della penisola è forse ora di buttare giù due righe su quello che sta succedendo dall’altra parte dell’Adriatico. E lo faccio dopo aver perso una partita a scacchi di due ore con Miles, il mio compagno di eremitaggio nella Foppolo montenegrina.

I primi giorni sono stati uno scapicollarsi continuo tra Podgorica e Pluzine per riunioni, cene, richieste di documenti. Le due località, pur distanti un centinaio di km, sono separate da 2 ore buone di curve, tornanti, vallate percorse rigorosamente dopo le 4 e mezza di pomeriggio, ossia al buio, senza scorgere null’altro se non i 5 metri illuminati dai fari della nostra Lada 4x4. Una macchina che è il corrispettivo della Ural con quattro ruote, per chi se ne intende. Zero aderenza, lenta sull’asfalto quanto inadatta allo sterrato, lunga e poco maneggevole, angolo di sterzo praticamente inesistente. Un frigo con le ruote.

Contatti con i locali ancora scarsi, la poca dimestichezza con la lingua rappresenta, per ora, un ostacolo difficile da aggirare. Mi sono messo alla ricerca di un insegnante english speaker, cosa non facile, in questa terra dimenticata dai lupi e schifata da pandemie e pestilenze

I primi giorni, si diceva, hanno visto, nell’ordine: martedì, appena arrivato, proiezione di film organizzata dall’ambasciata italiana, con successivo aperitivo con ambasciatore e espatriati vari in terra montenegrina. Mercoledì arrivo a Pluzine, conoscenza col padrone di casa con annesse raccomandazioni di non tenere lo sputa-calore sempre acceso che sennò consuma. Sé.

Da giovedì sera a sabato mattina a Podgorica per i vari impegni con la burocrazia locale, che se la gioca ai punti con quella italiana in quanto a flessibilità delle pratiche e modernità delle strutture. Sabato pomeriggio partenza per il parco di Biogradska. Arrivo a Kolašin dopo 3 ore d’auto schivando rocce sulla strada e rischiando continui fuoripista. Cena a base di zuppa, agnello e patate, una carne che solo la pecora della zia Laura potrebbe far dimenticare. Domenica il programma “passeggiata nel parco” viene accantonato, con mio sommo risentimento, quando il padrone di casa si offre di farci da guida, lui in quad, noi in jeep. Cosa di cui amaramente avrà modo di pentirsi, dovendo aspettarci ad ogni curva più stretta di una parabolica di Monza. E così, dopo altre 3 ore di rally nel parco e 3 per tornare a casa, e la scoperta dell’impianto sputa-calore ko (13 gradi sono un’ottima temperatura per svegliarsi riposato), finisce la prima settimana, qui nell’ex Yugoslavia.

mercoledì, novembre 18

Auguri Rolenzino

Come la trandizione vuole, tra di noi, gli auguri si fanno sempre il ritardo. Di conseguenza:


Buon Compleanno LO!

p.s.: per chi non avesse inteso il compleanno era ieri, la festa invece è venerdì, degenero!

lunedì, novembre 9

EY e Prove Multiple, tra altetica e auditing, Atto I.

Questa sera non ho sonno. Data la mia giornata non ha molto senso ma è così. Visto che scrivere mi rilassa, mi ritiro in questo angolino e vedo di imbastire una nuova storia, che spero di portare avanti capitolo per capitolo.
Per chi di voi non lo sa è da luglio che lavoro in una società di revisione aziendale, il che sancisce il mio ingresso ufficiale nel mondo dei grandi. Una delle domande che mi fanno più spesso quando parlo del lavoro a chi sa del mio sport è "ma riesci ad allenarti?". Una delle affermazioni che ho sentito maggiormente è "Allora con l'atletica hai chiuso".
Beh, quello che vorrei fare con questo metablog è, spero, dimostrare con i fatti che la seconda affermazione è falsa e rispondere pian piano all'interrogativa.
I fatti per adesso sono questi: lavoro abbastanza, "dallenoveallediciottoconunoradipausa" è un concetto che, quando viene rispettato, è motivo di festeggiamenti tipo Italiacampionedelmondo.
Mediamente nell'ultimo mese ho staccato alle 19, il che significa essere a casa per le 19.30, con una spossatezza e un mal di testa molto marcati e l'unico grande desiderio di lanciarsi sul divano. Ciononostante ho sempre cercato di non farmi vincere da questa sensazione e, per ora, sono sempre stato in grado di levare giacca e cravatta, indossare le mie fide Mizuno rosse e iniziare a correre.
Sempre, un minuto dopo aver iniziato, mi sono reso conto di aver fatto la scelta giusta: la stanchezza accumulata durante la giornata lavorativa è solo mentale, il fisico è annoiato e, una volta stimolato, reagisce alla grande. Certo, non è come prima, non sono in grado di allenarmi tre ore di fila, la mia autonomia è limitata ma, ora come ora, tengo botta e ce la sto facendo.
La cosa paradossale è che le volte che mi sono arreso alla stanchezza, quando dopo cena mi sono infilato a letto, ho sempre dormito male, ho sentito che alla mia giornata mancava qualcosa.
Ovviamente non è tutto rose e fiori: allenarsi in totale solitudine dopo 10 ore di ufficio non è semplice ma, per ora, non riesco a smettere.

In questo mese ho corso un sacco di cross e mi sono potenziato parecchio, da questa settimana ho intenzione di riprendere a balzare, saltare con l'asta, passare ostacoli e fare velocità, senza smettere di sollevare pesi.
Spero tanto di riuscire ad essere continuo e che la necessità di scendere in pista a prescindere da freddo, buio e mancanza di compagni di giochi. Tutti i dati, per ora, sono dalla mia: uno su tutti il fatto che l'altra sera, alle 20.28, sotto la pioggia, mentre recuperavo tra il 4° e il 5° 200hs ho provato una sensazione di libertà incredibile e mi sono risposto da solo alla domanda "Puoi fare a meno di questo?".
...ovviamente derimevo il tutto con un secco "CAZZO, NO!".

Buon viaggio Robbie, tienici aggiornati.